Il grandioso interno (135×65, alto 30m) della Basilica è stato ricostruito da Luigi Poletti (1831-1854), dopo l’incendio del 1823, sull’identica area e struttura della Basilica Teodosiana. Le 5 navate sono sostenute da 80 colonne in granito di Montorfano. Nel soffitto, ampiamente decorato d’oro, figura il grande stemma di Pio IX, il Papa che ha completato la ricostruzione rifacendo
l’antico soffitto, la cui magnificenza il poeta Prudenzio nel V secolo ammirava con le parole: “All’interno le travi spariscono sotto placche di oro, affinché la luce brilli come sole all’aurora”.

Le DUE GRANDI STATUE di S. Paolo (Salvatore Revelli) foto e di S. Pietro (Ignazio Jacometti), si trovano presso le grandi colonne dell’Arco Trionfale. Gli altri Apostoli sono nelle nicchie dei muri laterali (1882).

I RITRATTI DEI PAPI La serie cronologica inaugurata da Papa Leone Magno nel V sec., in gran parte distrutta nell’incendio, e stata rifatta dallo Studio Vaticano del Mosaico, fra il 1848 ed il 1876 (40 originali dal V al IX sec., sono conservati al piano nobile dell’Abbazia).

Il MODELLO LIGNEO Restaurato, illuminato e montato su un supporto mobile nell’anno 2006, il modello ligneo della Basilica è stato collocato all’inizio della navata laterale sinistra. L’Architetto Poletti, a cui era stata affidata la ricostruzione della Basilica ostiense, lo fece eseguire da Serafino Colagiacomi in scala 1:50 nel 1844. Osservandolo bene, il visitatore scorgerà le parti che non furono realizzate.

I 36 AFFRESCHI Al di sopra dei ritratti papali, lungo la navata centrale e il transetto, scandite da lesene corinzie, alternati ai grandi finestroni, si trovano 36 riquadri raffiguranti episodi della vita di San Paolo. L’opera fu promossa da Pio IX nel 1857 a sostituzione dei precedenti affreschi medioevali di Pietro Cavallini. Vi lavorò una schiera di vari artisti che portarono a termine il lavoro nell’arco di tre anni. Le opere hanno un loro fascino narrativo perché illustrano in ordine cronologico la vita dell’Apostolo. Pietro e Paolo, di Filippo Balbi, 1857.

Le FINESTRE In antico erano chiuse da vetrate che strapparono al poeta Prudenzio (V secolo) questa meravigliosa espressione: «Nelle finestre centinate fanno sfoggio vetri di diversi colori; cosi brillano le praterie ornate di fiori primaverili». Ora esse sono chiuse da finissime placche di alabastro, dono del Re Fuad I d’Egitto, che conferiscono alla Basilica una luce dolcemente soffusa.
Le TOMBE DEL IV-V SEC. All’inizio della navata laterale di destra, un’apertura vetrata sul pavimento della Basilica lascia intravedere alcune delle numerose tombe cristiane, inserite nella vasta necropoli pagana sorta fin nel II secolo a.C.

La PORTA BIZANTINA Nella parete interna della facciata d’ingresso, nella navata intermedia, a chiusura dall’interno del varco della porta santa, è stata collocata la Porta Bizantina. È il reperto più antico salvato dall’incendio del 1823. Il manufatto è stato restaurato con fine perizia ed è stato integrato nella nuova costruzione con maestria. Fu commissionata da Ildebrando di Soana, abate benedettino del monastero di San Paolo e futuro Papa Gregorio VII, ad un artista di nome Teodoro con la mediazione del ricco Pantaleone di Amalfi che finanziò l’opera, firmata da Staurachio di Scio, fu fatta fondere a Costantinopoli nel 1070. Cinquantaquatto formelle racchiuse in una elegante intelaiatura di bronzo dorato, illustrano scene e personaggi della sacra scrittura. Le figure e le iscrizioni ne fanno un’opera di rara bellezza. Dettagli con iscrizioni greche 1. martirio di S. Paolo: “Paolo è morto in Roma”; 2. martirio di S. Pietro: “Pietro è morto crocifisso sotto Nerone”; 3. martirio di S. Andrea: “Andrea fu crocifisso in Patras” sulla croce diventata albero di vita.

La CONTROFACCIATA Sei grandi colonne di alabastro semitrasparente (quattro con capitelli) donate dal Viceré d’Egitto Mohammed Alì a Gregorio XVI, nel 1840.