LA TOMBA DI SAN PAOLO

Il SARCOFAGO dell’Apostolo (2,55×1,25×0,97m), di marmo grezzo, si trova nel medesimo luogo, dove l’imperatore Costantino fece costruire il primo Altare. Le ricerche archeologiche e gli interventi eseguiti nel 2006, hanno messo in luce il grande sarcofago che era rimasto nascosto da successive murature ed hanno anche fatto riscoprire l’abside costantiniana (324) occultata dall’edificio teodosiano (395).

L’ANTICA ABSIDE DI COSTANTINO (visibile sotto la lastra di vetro) era orientata all’est ed evidenziava la tomba. Quando l’afflusso dei pellegrini richiese, alla fine del IV sec., un ingrandimento della Basilica, l’imperatore Teodosio, per non toccare la tomba, fece invertire l’orientamento dell’edificio (vedi Storia della Basilica).

Una LASTRA DI TRE PEZZI DI MARMO (2,12×1,27m) già esistente nel IV sec. con la dedica PAVLO APOSTOLO MART(YRI), a Paolo Apostolo mart(ire), è posta a circa 40 cm. sopra il sarcofago. Dietro l’Altare Papale, una finestra permette d’intravederla (Una copia della lastra è visibile nella Pinacoteca; foto nel cap. Storia di Paolo). Questa lastra presenta tre fori, probabilmente connessi all’uso antico di versare profumi nelle tombe o al fine di ottenere reliquie per contatto con la tomba dell’Apostolo.

Il CIBORIO L’Altare Papale è sovrastato dal Ciborio eseguito nel 1285 da Arnolfo di Cambio. Si erge sopra la tomba di S. Paolo sulla base di 4 colonne di porfido ad impreziosire l’Altare della Confessione. Nei 4 angoli, si possono riconoscere i santi Paolo, Pietro, Timoteo e Benedetto. In uno degli otto altorilievi, all’esterno, è effigiato l’abate  Bartolomeo, committente dell’opera, mentre offre il ciborio a S. Paolo. Il grande architetto fiorentino Arnolfo fa salire verso il cielo -scintille di marmo- una teoria di linee, che, come profumo d’incenso sale gradito a Dio (cf Salmo 141,2), per sottolineare la preziosità della vita e della morte del martire Paolo che ha confessato Cristo sino all’effusione del sangue.

L’ARCO TRIONFALE in onore di Paolo martire e «dottore di tutto il mondo», è stato eretto dall’imperatore Teodosio nel 386 e terminato da suo figlio Onorio, come lo ricorda l’iscrizione posta in alto: «TEODOSIUS CEPIT PERFECIT ONORIUS…» (Teodosio cominciò e Onorio terminò questa chiesa). Il mosaico fu offerto da Galla Placidia, figlia di Teodosio, in occasione del restauro voluto da Papa Leone Magno dopo il terremoto del 442, come indica l’iscrizione sull’arco: «PLACIDIAE… PONTIFICIS…LEONIS» (Placidia si rallegra di vedere quest’opera di suo padre risplendere in tutta la sua bellezza, grazie allo zelo del pontefice Leone).

Al centro, il Cristo è circondato dai simboli dei quattro Evangelisti e dei 24 Vegliardi dell’Apocalisse. Sugli stipiti: a sin., l’apostolo Paolo, che indica col dito la sua tomba sotto l’altare (foto sopra), e a des., Pietro. Questi mosaici, danneggiati dall’incendio, furono restaurati nel 1853. L’Arco è sostenuto da due monumentali colonne in granito (14 m) ornate da capitelli ionici. Sulla parte posteriore dell’Arco trionfale sono stati ricollocati i frammenti residui del mosaico del Cavallini (XIII sec.) che adornava l’antica facciata. Vi si legge: GREGORIUS XVI OPUS ABSOLVIT AN 1840, sottolineando la fine della prima tappa della ricostruzione e la consacrazione papale dell’altare della Confessione.

La CATENA Secondo la tradizione, legava l’Apostolo Paolo al soldato romano, che ne assicurava la guardia durante la sorveglianza domiciliare, in attesa del suo processo, mentre egli continuava ad insegnare ed a scrivere: «Ricordatevi delle mie catene!» (Lettera ai Colossesi 4, 18).

Il CANDELABRO PASQUALE Fu scolpito nel 1170 da Pietro Vassalletto e Nicolò d’Angelo, ed è uno dei capolavori della scultura romana tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo. È uno splendido esempio della produzione dei maestri che a Roma diedero vita ad una corrente scultorea di particolare importanza. Serviva per sostenere il cero nella Veglia pasquale del Sabato Santo. È una colonna monolitica, straordinaria per le sue dimensioni (5,60m di altezza) e la varietà delle decorazioni. Nelle cornici sono incisi dei versi in lingua latina che a stento si riesce a leggere ma le cui parole, decifrate e tradotte, bene illustrano anche ai nostri giorni la funzione del candelabro e del cero pasquale. «Come l’albero porta il frutto, così io porto la luce e reco doni; poiché Cristo è risorto io annunzio la gioia e porgo tali doni». Su una base in cui si alternano figure animali e figure femminili si imposta il fusto suddiviso in sei registri. Gli ultimi due presentano arabeschi vegetali e sono divisi da una fascia in cui sono illustrate scene della Passione e della Resurrezione. La coppa reggicero si trova alla sommità ed è sorretta da animali mostruosi che rimandano alla tradizione paleocristiana e alla nuova cultura romanica. È stato completamente restaurato nel 2000.